lunedì 8 agosto 2011
Dove si parte da uno, appare uno spettro e poi Al & Al lasciano una briciola...
E' oggettivo che chi esegue una musica che ha composto, e più ancora se questa è accompagnata da un testo, mostra capacità che un semplice interprete non ha.
Forse per questo siamo spinti a pensare ad un valore diverso e maggiore di chi compone rispetto a chi esegue.
Credo di aver creduto questo davvero fino a pochissimo tempo fa. E quando mi capitava di sentire una versione nuova di una canzone già nota, anche se migliore di quella dell'esecuzione data dall'autore stesso, comunque mi pareva più facile "interpretare" che "comporre".
Poi ho cominciato ad ascoltare Johnny Cash e ho cambiato idea. Adesso so che un grande interprete può farti capire un brano meglio, e forse oltre, l'intenzione dell'autore.
Così, presa coscienza di questa cosa, mi sono reso conto della enorme grandezza che c'è in chi riesce a spiegare un significato recondito con la semplice "lettura" di suoni e parole già scritte e vincolanti.
Siccome non ho questa capacità, vediamo se riesco a spiegarmi usando altre parole ed il tempo di chi mi legge.
L'autore scrive un brano (musica e testo) ben sapendo cosa intende dire, cosa vuole trasmettere. Nel farlo, può usare tutte le conoscenze che ha sia di composizione musicale sia di tecnica letteraria.
Ha davanti il rigo musicale ed un foglio bianco ed inizialmente nulla gli è precluso.
Prende il suo "messaggio" e gli dà la forma che crede più opportuna, scegliendo "a piacere" quanto vuole che il messaggio sia chiaro e comprensibile.
Soprattutto se la sua poetica è già nota al pubblico, chi ascolta interpreterà il messaggio con tanta maggiore precisione quanto più conosce (e magari ammira) l'autore.
Il "codice interpretativo" tra ascoltatore ed autore è noto ad entrambi, e tanto più se l'autore è anche interprete del brano.
Ecco un esempio, con una canzone fatta bene e conosciuta: "One" degli U2
Quando invece il brano è interpretato da altri, tutta la libertà di cui l'autore ha goduto si traduce in vincoli per l'esecutore: quelle sono le parole, quella la musica.
Ovviamente gli resta qualche spazio di manovra: la tonalità, il tempo ecc. ecc.
Se è bravo, riuscirà a comunicare quanto e forse meglio dell'interprete originale, cioè l'autore.
E questo possono farlo in molti.
Ma alcuni riescono a fare di più: riescono a comunicare un "messaggio" diverso da quello originale.
Continuiamo nell'esempio: questa è la stessa "One" interpretata da Johnny Cash
Un altro buon esempio chiarificatore si può avere prendendo un caso del tutto opposto, in cui l'interprete banalizza e riduce il senso del brano rispetto alla versione dell'autore: capita, ad esempio, con Celentano e Paolo Conte...
Questa è "Azzurro", interpretata a mo' di filastrocca da Celentano, dove c'è un omino che attende il ritorno della moglie dalle vacanze e tutto finisce lì;
questa invece è la versione di Conte dove prende forma il dramma di quest'uomo, spezzato tra nostalgia, presente e futuro, tra solitudine, attesa e desiderio di un'altra vita ("... ma il treno dei desideri nei miei pensieri all'incontrario va..")
Dato per scontato che abbiate percepito la differenza sostanziale tra le due versioni di "One" e di "Azzurro" (ma se non vi è capitato, va bene lo stesso), il fenomeno si presta a osservazioni che reputo interessanti.
La prima osservazione è che il "nuovo messaggio" è stato trasmesso con un diverso "codice interpretativo", dato dalla diversa tecnica, ad esempio, di Cash rispetto a quella degli U2... e fino a qua ci siamo.
Adesso vi invito a spiegare con parole vostre i diversi significati delle due versioni che avete ascoltato (di una o dell'altra canzone). Vi ci vorranno frasi e frasi.
Cash (così come la Piaf, Caetano Veloso, Maria Callas e altri grandissimi) ci riesce invece senza aggiungere una sola parola al testo originale. Si potrebbe dire che può farlo attraverso il cambiamento di alcuni parametri musicali, ma non è così, poichè allora basterebbe applicare una tecnica e chiunque riuscirebbe a farlo.
Ma il fantasma che vi si presenta dinnanzi quando la Lucia di Lammermoor della Callas entra nel delirio è altro dalle parole di Cammarano, dalla musica di Donizetti e da abili giochi vocali...
Dunque cos'è che riesce a far passare un nuovo messaggio attraverso parole che abbiamo sentito mille volte?
Sapete che in questo blog ci sono più domande che risposte...
Per intanto, io ritengo che abbia a che fare con quella cosa che chiamiamo "intelligenza" e due signori ci hanno lasciato una traccia per capirne di più.
Forse, sempre forse.
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Tanto per aumentare le variabili, per incasinare un po ancora il ragionamento, faccio presente che le menti in gioco non sono solo le due di cui tu parli, Walter: sono tre, c'è anche quella di chi ascolta. Una prima semplice derivata è questa: può darsi che per un dato ascoltatore, con la propria sensibilità e la propria storia, sia pìù comunicativa la "Azzurro" di Celentano che quella di Conte...
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